CicloMercato 2020, la strada scelta da Matteo Jorgenson per farsi conoscere

“Mi chiamo Matteo Jorgenson e sono un diciottenne americano”. Questo è l’incipit della lettera che il giovane corridore statunitense aveva inviato a varie formazioni europee negli ultimi mesi del 2017. Il ragazzo, che ha chiuso la stagione da stagista nella Ag2r e che nella prossima stagione passerà professionista con la Movistar, ha rivelato ai microfoni di VeloNews di aver utilizzato un modo particolare per farsi conoscere alle grandi squadre. Il ventenne americano ha infatti rivelato di aver contattato per e-mail le varie formazioni europee, presentandosi nella loro lingua, inizialmente grazie all’aiuto dei compagni di squadra bilingui e madrelingua e poi studiandola, adattando ogni missiva alla situazione e agli obiettivi di ogni formazione.

“Ogni giorno provavo a scrivere tre e-mail dopo i miei allenamenti – ha rivelato – Cosa vuole questa squadra dai suoi corridori? Quali sono i propri obiettivi? Impiegavo circa un’ora per ogni mail. Ho provato a costruire ogni tipo di relazione o connessione mi sarebbe potuta servire per arrivare in uno di quei team. Averli contattati e aver detto loro di guardarmi aiutando a far diventare conosciuto il mio nome è stato incredibilmente utile in questo senso”.

La versione più standard della lettera in questione recitava: “Mi chiamo Matteo Jorgenson e sono un diciottenne americano, che sta correndo il suo ultimo anno da juniores con la Hot Tube Cycling e con lo USA National Program. Sono in Europa in preparazione ai prossimi campionati del mondo e sarei molto interessato a correre per voi nel 2018. Essendo parte della nazionale USA negli ultimi quattro anni, ho avuto modo di correre sia come Under17 che come Juniores. Correre in Europa aiuta i corridori a svilupparsi e a diventare grandi ed è per questo che sono attratto dal vostro programma”.

La decisione di promuovere sé stesso in Europa è stata presa da Jorgenson dopo il no di Axel Mercxk per la sua assunzione alla Hagens Berman Axeon, che lo ha portato a firmare con un’altra formazione americana, la Jelly Belly-Maxxis, che gli ha permesso di correre la prima parte di stagione in Europa, aiutandolo ad aumentare la sua rete di relazioni nel Vecchio Continente, mentre il sistema americano era sull’orlo della crisi (che non sembra essersi ancora arrestata visto il recente annullamento del prossimo Giro di California): “Molte gare americane stavano scomparendo e in generale l’ecosistema ciclistico americano sembrava molto incerottato. Quando ho ricevuto il secco no di Axel, ho deciso di puntare tutto sull’Europa”.

La svolta è arrivata al Rhône-Alpes Isère Tour, quando al termine della corsa, il corridore ha contattato una formazione satellite dell’Ag2r per farsi conoscere: “Ho ricevuto una risposta abbastanza rapida, in cui mi chiedevano i valori di potenza e i dati di gara- ha raccontato Jorgenson parlando dello scambio di mail che alla fine dell’anno l’avrebbe portato a vivere in Francia – Non conoscevo il francese, ma pensavo di poterne imparare abbastanza da presentarmi in autunno ed essere pronto”.

La relazione del classe ’99 con la lingua di Molière è stata un po’ più complicata del previsto, ma con l’aiuto di alcune lezioni di francese è riuscito comunque in poco tempo a cavarsela, tanto che la lingua è stato un fattore decisivo anche per il passaggio alla Movistar: “Avevano bisogno che di qualcuno che si trovava completamente a suo agio nel vivere in Europa, che non aveva problemi con la lingua. Io ho potuto rispondere che vivo già in Francia e parlo fluentemente in francese”.

Infine, il futuro corridore della Movistar si è detto soddisfatto di aver reso noto il metodo da lui utilizzato per farsi conoscere al grande ciclismo: “Anche se ho aperto un minimo la porta o se ho mostrato agli altri corridori che c’è un’altra strada sono contento. Anche se all’epoca sembrava una pazzia”.

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